Un cambiamento radicale all’Australian Open rispetto allo scorso anno con regole che per la verità non sembrano mettere tutti d’accordo
In modo assolutamente sorprendente, soprattutto per quelle che erano state le conseguenze sull’edizione dello scorso anno, l’Australian Open si avvicina con regole completamente nuove per quanto riguarda Covid 19 e il contenimento della pandemia.
Il tutto nonostante dalla Cina i segnali che riguardano le nuove varianti siano tutt’altro che incoraggianti e anche in Australia nel corso degli ultimi giorni siano stati riscontrati casi di positività che hanno alzato nuovamente l’allerta del servizio sanitario nazionale.
In pratica cambia tutto. In modo quasi paradossale rispetto a quelle che erano state le indicazioni estremamente restrittivo dello scorso anno. Il caso di Novak Djokovic, confinato in albergo ed espulso dal paese dopo pochi giorni senza giocare perché aveva ammesso di non essersi sottoposto ad alcun ciclo vaccinale, aveva fatto discutere molto.
E sotto un certo aspetto l’argomento continua a essere occasione e motivo di discussione. Anche se Djokovic, ormai in Australia da qualche giorno, rifiuta qualsiasi ulteriore commento sull’argomento dichiarando chiuso l’incidente e augurandosi in una buona accoglienza del pubblico di Melbourne.
Ultima questione in dibattimento è la decisione degli organizzatori di Melbourne Park di non obbligare i tennisti a sottoporsi ad alcun tampone. Nessun obbligo né di sottoporsi ai test; né tantomeno di comunicare un’eventuale positività anche in caso di sintomi evidenti. Un cambiamento dal giorno alla notte rispetto alle norme dello scorso anno che avevano portato Novak Djokovic fuori dal paese, con il rischio di una sospensione del visto di ingresso per almeno tre anni. Cosa che poi non si è verificata.
Le nuove norme per l’edizione numero 111 degli Australian Open, al via dal 16 gennaio con finale alla Rod Laver Arena di Melbourne Park il 29, sono quanto di più permissivo e aperto si possa immaginare. Ma di fatto ricalcano quella che è stato il ‘nuovo corso’ del governo australiano che non obbliga né impone nulla. Se non “la salvaguardia della propria stessa salute raccomandata a ogni australiano o ospite del paese”.
In definitiva. Il governo chiede a tutte le persone che dovessero accusare sintomi riconducibili a un’influenza, o direttamente al Covid – tosse, raffreddore abbinate a febbre alta, difficoltà respiratorie o gastrointestinali – a “limitare i contatti, sottoporsi ai controlli e alle necessarie profilassi”.
Ma non c’è alcun obbligo. E questo vale per tutti gli atleti, i tecnici e il personale coinvolto nel primo Slam dell’anno.
Il direttore generale di Tennis Australia, massima istituzione del paese e organizzatore del primo torneo major dell’anno – Craig Tiley – ha chiarito la posizione degli organizzatori. Che si accoda a quelle che sono le nuove norme dello Stato di Victoria e del governo centrale di Canberra. “Ogni giocatore e giocatrice che parteciperà all’Australian Open ha già ricevuto una norma informativa che abbiamo girato a ognuno dei nostro 12mila tra dipendenti e volontari molti dei quali saranno impegnati nella realizzazione tecnica del torneo. Raccomandiamo a chiunque non stia bene di stare a casa, di fare un tampone, verificare un’eventuale positività e a comunicarla alle autorità sanitarie locali per la necessaria profilassi”.
A una precisa domanda – se un giocatore scoprisse di essere positivo cosa succederebbe – la risposta di Tiley è chiara: “É una possibilità che non possiamo escludere, perché non obblighiamo nessuno a sottoporsi ai controlli né a dichiarare l’esito di un eventuale test. Le nostre, come quelle del governo, sono semplici raccomandazioni di buon senso. Ma è presumibile che un giocatore possa scoprire di avere il Covid a torneo in corso. E non possiamo obbligarlo a lasciare il tabellone…”
Le nuove norme anti-pandemia in Australia prevedono tampone e controllo. Ma per le persone che hanno completato il ciclo di almeno due vaccini si parla di un isolamento di soli cinque giorni.
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