La WTA ha rilasciato un chiarissimo comunicato, ribadendo la sua posizione su un tema molto delicato: gli aggiornamenti.
La stagione tennistica 2023 entrerà presto nel vivo con l’inizio del primo Slam stagionale, l’Australian Open, in programma – come al solito a Melbourne Park – dal 16 al 29 di gennaio. Il Down Under è infatti un appuntamento sempre particolare, portando con sé le incognite tipiche dell’inizio di stagione.
E poi, resta pur sempre un Major, uno dei tornei più seguiti in assoluto. Che in calendario, da sempre, ha una collocazione diversa dal Roland Garros, Wimbledon e lo US Open, molto più vicini tra di loro e concentrati tra la primavera e l’estate, dal giugno parigino al settembre nella Grande Mela.
Gli Slam restano d’altronde tornei con una collocazione ben precisa, mentre tutto il resto – soprattutto dall’inizio della pandemia da COVID-19 – può subire delle variazioni. Cambiamenti che, in realtà, si sono moltiplicati per quanto riguarda il circuito femminile, a partire dalla scelta di non disputare più alcuna competizione in Cina da quando è scoppiato il caso relativo alla denuncia di aggressione, da parte della tennista Shuai Peng, subita da un membro del governo cinese.
Una questione bollente, la quale, nonostante gli allarmi siano rientrati dopo l’apparizione dell’atleta all’Olimpiade invernale di Pechino all’inizio del 2022, continua a tenere banco negli uffici della WTA. Quest’ultima, infatti, ha rilasciato un durissimo comunicato riguardo alla possibilità di tornare a giocare eventi in Cina.
“Un ritorno nella regione – si legge nel comunicato – richiederà una risoluzione della situazione di Peng in cui ha compiuto un passo coraggioso dichiarandosi pubblicamente con l’accusa di essere stata aggredita sessualmente da un alto funzionario del governo cinese“. Risoluzione che evidentemente non v’è ancora stata, dato che il calendario femminile (provvisorio) ha calendarizzato appuntamenti soltanto fino allo US Open.
“Come faremmo con tutti i nostri giocatori a livello globale,” prosegue la WTA, “abbiamo chiesto un’indagine formale sulle accuse da parte delle autorità competenti e un’opportunità per la WTA di incontrare Peng – in privato – per discutere della sua situazione”. Per tanti mesi, dopo il tweet in cui essa stessa faceva riferimento all’aggressione, non si sono avute notizie dall’atleta, tanto che sui social era entrato in tendenza l’hashtag #WhereIsShuaiPeng.
“Continuiamo a mantenere ferma la nostra posizione e i nostri pensieri rimangono con Peng. La WTA continua a lavorare per una risoluzione. Sebbene abbiamo sempre indicato che siamo fiduciosi di essere in grado di organizzare nuovamente eventi WTA nella regione, non comprometteremo i nostri principi fondanti per farlo”.
Una linea durissima e persistente, quella dell’organismo principale del tennis femminile, dettata in particolar modo dal presidente Steve Simon. Una scelta, la sua, che ha lanciato un messaggio fortissimo, rinunciando difatti alla presenza di quei tornei ricchissimi che in Cina vedevano protagoniste anche le migliori giocatrici del mondo.
Dalla Cina, proprio tre anni fa, è partita la pandemia da COVID-19. Per questo, date anche le norme molto stringenti, il grande tennis non vi è più tornato. Virus permettendo, in ogni caso, il 2023 dovrebbe segnare da quelle parti l’atteso ritorno del circuito ATP, che ha già reso ufficiale il suo calendario.
Dopo lo US Open, infatti, dal 20 al 26 settembre dovrebbero disputarsi gli ATP 250 di Chengdu e di Zhuhai. Dal 28 al 4 ottobre, invece, dovrebbe esserci il celebre ATP 500 di Pechino, antipasto del torneo più importante, il Masters 1000 di Shanghai (4-15 ottobre), vinto nell’ultima edizione da Daniil Medvedev. A chiudere la tournée asiatica, infine, l’ATP 500 di Tokyo, già tornato nel 2022.
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