Musetti ha raccontato un episodio molto importante della propria vita, che ha segnato poi anche la sua carriera da tennista.
Lorenzo Musetti si è aggiudicato ieri, ad appena 20 anni, il suo secondo titolo ATP in altrettante finali. A Napoli, ha dovuto superare nell’ultimo atto, per 7-6(4) 6-2, l’amico e connazionale Matteo Berrettini. Un altro tassello importante, dunque, nella crescita del giocatore carrarino, che nel ranking mondiale continua la sua ascesa, salendo da oggi alla 23esima piazza.
Il suo talento rimane fulgido, e – col lavoro di Simone Tartarini – il talento classe 2002 è diventato un diamante sempre meno grezzo. D’altronde, di lui si parla sin da ragazzino, per via dei tanti successi nel circuito juniores. Non tutti, però, conoscono com’è davvero iniziata la storia dell’azzurro con il tennis. Un episodio molto particolare, che ha cambiato la vita di Musetti.
Musetti racconta gli inizi: “Il mio primo maestro è stato…”
Coach Tartarini, per lui, è il suo maestro ed educatore, fino a diventare un secondo padre. Un legame forte, quello tra i due, che dopo la vittoria all’ATP 500 di Amburgo hanno scelto di condividere anche lo stesso tatuaggio. Prima di conoscere il suo allenatore, però, Musetti già giocava a tennis: aveva cominciato quasi per caso, ha raccontato, a casa di sua nonna.
“Nel suo scantinato, a Carrara, è cominciato tutto. C’era uno spazio ampio, dove non correvo il rischio di fare danni con la pallina. Il mio primo maestro è stato il muro di nonna Maria. Ho perso il conto delle ore che ho passato là sotto con la racchetta e il mio babbo”, ha raccontato. Alla famiglia, l’italiano è legatissimo, e di nonna Maria indossa anche i due regali-portafortuna: un crocifisso ed un peperoncino.
Per la carriera da tennista di Musetti, poi, grande importanza va riconosciuta al papà Francesco, con il quale ha iniziato a colpire il rovescio ad una mano sin dall’età di 9 anni, ed al nonno Renzo. “Per anni”, ha detto di quest’ultimo, “mi ha fatto da tassista tra Carrara e La Spezia”. Secondo lui non giocavo mai bene abbastanza. Mi arrabbiavo ma ora mi rendo conto che mi ha dato una motivazione in più per migliorarmi“. Un riconoscimento di cuore, dunque, per il nonno, purtroppo scomparso diversi anni fa.