Djokovic potrebbe esserci all’Australian Open 2023: eppure l’ex ministro degli Interni australiano ha riacceso nuovamente il dibattito.
Novak Djokovic è stato protagonista di una strepitosa doppietta, nelle ultime due settimane, vincendo consecutivamente i tornei di Tel Aviv (ATP 250) e di Astana (ATP 500). Due trofei che lo portano ad uno strepitoso totale di 90, e che gli hanno dato – matematicamente – il pass per le prossime ATP Finals.
In attesa dell’ultimo torneo, obiettivo nel suo finale di 2022, il serbo attende però novità per il prossimo anno. Nel 2023 la speranza del trentacinquenne di Belgrado è infatti quella di poter tornare a partecipare in tutte quelle competizioni saltate da gennaio in poi per via delle dure regole relative al vaccino contro il COVID-19.
Gli ultimi segnali, soprattutto per quanto riguarda l’Australian Open, sono incoraggianti. Ma proprio dall’Australia, nelle ultime ore, sono arrivate parole che hanno riacceso tutto il dibattito riguardo al 21 volte campione Slam e alla sua situazione, dopo la cancellazione del visto ai suoi danni, decisa dall’ex ministro dell’Immigrazione, Alex Hawke.
Djokovic all’Australian Open? L’ex ministro Andrews: “Sarebbe uno schiaffo”
A sollevare le polemiche, in un’intervista concessa ad ABC Radio, è stata l’ex ministro degli Interni Karen Andrews, che ha affrontato senza remore il caso-Djokovic. Dopo la cancellazione del visto, infatti, in Australia scatta automaticamente un ban triennale dal paese. Una decisione che potrebbe essere revocata solamente dal governo.
E in questo senso, le parole del direttore degli Australian Open, Craig Tiley, hanno dato più di qualche speranza a Djokovic ed ai suoi tifosi. Andrews, però, non sarebbe assolutamente d’accordo, e per sorreggere la sua tesi ha addotto delle motivazioni molto semplici: “Se ora si scegliesse di concedere una deroga speciale a Novak Djokovic, la domanda è: cosa faranno di coloro che potrebbero trovarsi in circostanze simili?”
Un interrogativo derivato dal fatto che, per Andrews, la revoca sarebbe uno “schiaffo in faccia” a coloro che si sono vaccinati. O ancora di più coloro che – pur non facendolo – non sono nelle stesse condizioni dell’ex numero 1 del mondo. “Dovrebbe rientrare nel paese semplicemente perché è un tennista di alto livello con molti milioni di dollari? Non dovrebbe esserci una regola per lui e una regola diversa per tutti gli altri”, ha concluso.
Un’intervista sugli stessi toni, e le stesse argomentazioni, di coloro che lo scorso anno hanno spinto per l’espulsione di Djokovic dall’Australia, appellandosi ad una disparità nelle regole. Ma ora la situazione, anche relativa al COVID-19, è cambiata. E, ad oggi, il serbo sembra finalmente destinato a tornare nel paese in cui ha scritto la storia come tennista.