Ad Astana, Djokovic ha confessato di essersi trovato di fronte ad una dinamica insolita, della quale spesso le “vittime” erano i suoi avversari.
Dopo la pausa “forzata” a causa dell’assenza dagli US Open, Novak Djokovic ha mostrato un ottimo stato di forma, sin dall’impegno in Laver Cup, in cui ha partecipato anche al tributo per il ritiro di Roger Federer. Poi, però, il serbo non si è fermato, per tentare di assicurarsi un posto nella Top-20 della Race che gli desse la matematica certezza di qualificazione alle ATP Finals di Torino.
Così si è reso protagonista di grandi prestazioni sia a Tel Aviv che ad Astana, facendo bottino pieno. In Kazakistan, però, il trentacinquenne di Belgrado ha raccontato anche un’assoluta novità vissuta sul campo, in particolare nella semifinale vinta (per ritiro) contro Daniil Medvedev.
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Nella partita, i due hanno regalato grande spettacolo, e dopo aver vinto il primo set per 6-4, il russo è stato anche a due punti dalla vittoria nel tie-break del secondo parziale. Persa l’occasione, dunque, poco prima dell’inizio del terzo Medvedev ha deciso di ritirarsi – a sorpresa – per un problema fisico.
Le avvisaglie di quest’ultimo, in realtà, non c’erano proprio state. Nemmeno da parte di Djokovic, che ha parlato con grande sincerità: “E’ stata una partita molto tirata, soprattutto nel secondo set. Probabilmente direi che lui è stato il giocatore migliore in campo in entrambi i set. Ho cercato di combattere e ho cercato di trovare un modo. Sono riuscito a vincere il secondo, ma sono triste per il torneo e per le persone che si sono divertite in questo match, anche per Medvedev, per il fatto che sia finita così”.
Già in passato, infatti, i due sono stati in grado di dar vita a partite molto equilibrate. Ed in qualche modo Djokovic ha spiegato anche il perché sia successo, specialmente ad Astana: “Abbiamo giocato molti drop shot, ma non riuscivo fargli male. È stato come un muro. Io stesso sono stato in quella situazione per tutta la mia carriera, in cui i miei rivali pensavano di non potermi battere, ma ora so cosa si prova quando qualcuno che non sbaglia è dalla parte opposta della rete. Ti obbliga a lavorare sodo su ogni punto”, ha concluso.
Un segnale, forse, del fatto che – anche per via dell’età – il fattore fisico non è più una discriminante netta tra lui e gli altri. A fare la differenza, anzi, è proprio il fatto che il 21 volte campione Slam sia consapevole di questo questo, e che col suo vasto bagaglio tecnico trovi comunque una soluzione.