La possibilità che Djokovic salti lo US Open, ad oggi, è concreta: nel mondo del tennis, tuttavia, non tutti hanno avuto una reazione pacata.
La stagione di Novak Djokovic si sta rivelando complicatissima. E dopo l’Australian Open saltato a causa del suo visto respinto, le cose non si sono veramente aggiustate. Perché Djokovic ha dovuto saltare anche i Masters 1000 di Indian Wells e Miami, e perché, nonostante la maggiore continuità trovata sulla terra, non è riuscito ad imporsi al Roland Garros.
E mentre s’avvicina Wimbledon, dove il serbo ha vinto gli ultimi tre titoli, rimbalza dagli Stati Uniti la notizia di qualche giorno fa che – stando alle regole attuali – gli impedirebbe tra due mesi di prendere parte allo US Open. Chi è sprovvisto del ciclo vaccinale completo, come nel caso del numero 3 ATP, non potrà infatti entrare nel paese. Una scelta che ha scatenato tante differenti reazioni, anche da parte di altri atleti.
Djokovic, US Open a forte rischio: le polemiche non si placano
Djokovic, dal canto suo, cerca di non farsi distrarre. E per Wimbledon, quest’anno, si preparerà in maniera del tutto atipica. Al futuro ci penserà probabilmente tra tre settimane, quando per via dell’assenza di punti ATP in palio ai Championships scivolerà per la prima volta dopo quattro anni alla settima posizione mondiale.
Del 35enne di Belgrado, però, ha voluto parlare senza trattenersi lo statunitense Tennys Sandgren, anch’egli non vaccinato. Il tennista a stelle e strisce si è scagliato duramente contro la decisione del suo paese, che inguaia non poco il 20 volte campione Slam. “È vergognoso“, ha twittato Sandgren, “che la USTA non lotti affinché abbia un’esenzione. Non sono sorpreso del fatto che il governo non abbia cambiato la sua politica arcaica”.
“Io posso giocare e lui no? Ridicolo“, ha concluso. Il 30enne del Tennessee, d’altronde, potrà scendere in campo perché americano. Djokovic, per contro, potrà questa volta far poco. C’è da scommette che il team di legali lo aiuti a scoprire qualsiasi eventuale falla. Ma questo sembra uno scenario altamente improbabile. L’unica speranza verosimile è che, da qui all’inizio dell’ultimo Major dell’anno, cambi il protocollo per l’ingresso negli Stati Uniti.